D'accordo, forse ho esagerato. Sarà stata, magari, la lettura di Le Monde che ieri alla rentrée scolaire riservava il titolone di prima pagina, sarà che avevo intercettato gli sguardi preoccupati, rassegnati avviliti, spenti di chi vive di scuola e frequenta la scuola. E allora, giusto per venare d'ottimismo questa prossima e dimessa riapertura dell'anno scolastico, per mitigare lo scenario apocalittico del mio precendente post in cui drammaticamente elencavo tutto quello che mancherà in classe (dalla carta igienica alla maestra per intenderci) , per non vedere domani o dopo le crepe, i calcinacci, i banchi con i buchi per i calamai e le sedie traballanti, per fingere che ci sia lo scivolo per gli handicappati e le attrezzature in palestra.
Dunque vi giro un articolo che è uscito un po' di tempo fa su Avvenire di un insegnante che si chiama Alessandro D'Avenia ed è anche scrittore (esattamente in quest'ordine: prima prof e poi scrittore) intitolato «La meglio gioventù». D'Avenia ha scritto un libro di successo e gira l'Italia per incontrare i ragazzi , la nostra meglio gioventù, non per promuovere il libro tra i giovani (non ce n'è bisogno, il libro è un best seller) «ma a spronarli a metterli in crisi – scrive -. Mi ha colpito il fatto che mentre molti adulti mi ringraziano o criticano per quello che faccio o dico, i ragazzi ringraziano soprattutto per il tempo che dedico loro: grazie per il suo tempo è il grazie più frequente. Così ho capito che prima ancora di giudicare i ragazzi che ho di fronte devo giudicare l’uso che faccio del mio tempo: quanto tempo dedico ai miei alunni al di fuori delle ore in classe? Tempo di quello vero: che prendi e butti via per loro. Donare tempo è l'unica forma di amore reale». Ecco – mi dico – cosa ci sarà in classe che noi non vedremo, ma c'è, ci deve essere, da qualche parte parte ci sarà. Ci sarà tempo per ascoltare, tempo per non giudicare, tempo da dedicare, da donare - da buttare, come dice D'Avenia - per loro… Insomma, quest'anno perdi un po' di tempo coi ragazzi, prof!