Sono i numeri di una catastrofe. Saranno 70mila alle medie, 400mila dal primo al quarto anno delle superiori, altrettanti sospesi con debiti, se vengono confermati i dati dell'anno scorso. Respinti, bocciati, non ammessi. Sconfitti. Hanno galleggiato nel limbo della non scuola, finto mal di pancia per agguantare l'approdo in infermeria, copiato alla verifica, leggiucchiato il libro tra una navigata su Facebook e uno scambio di faccine nelle chat. Hanno impegnato i trimestri a osservare nuche, scarpe, banchi, soffitti, muri , finestre e cortili. Autunnali prima, invernali poi e, ora, primaverili. Hanno chiesto scusi prof domani interroga. Però poi, alla fine, non hanno studiato. O invece, ci hanno pure provato. Hanno passato un anno d'inferno come palline in un flipper, schizzati da un punto all'altro della città come in una caccia al tesoro in cui al posto dei bigliettini c'erano le lezione private e in cui il tesoro era la promozione. Ma alla fine non ce la faranno lo stesso, non ce l'avrebbero potuta fare comunque, perchè sono magari bellissimi, magari intelligentissimi, magari vivacissimi ma assolutamente negati per quest'attività che non è per tutti e non dovrebbe essere di tutti. Che è studiare. Prendere il libro di latino e tuffarsi nel libro di latino, annegare nel libro di latino. Non respirare per un po' e risalire in superficie solo dopo un paio d'ore immersi nello studio. Del latino, poi. E allora, che facciamo? Che ne facciamo di questi ragazzi? Vogliamo dare un senso a questa situazione che - per dirla alla Vasco Rossi – un senso non ce l'ha? Per ora quasi tutto è rimandato al collegio docenti. Che si dovrà chiedere se bocciare o no e a cosa serva e quale sia il destino (infausto) dei bocciati. Solo il 2/3% avrà un beneficio reale dalla ripetenza: così almeno dicono fior di ricerche internazionali e l'esperienza empirica. I bocciati finiscono con il rendere più difficile la gestione delle classi in cui si ritrovano l'anno successivo. E alla fine dell’anno di ripetenza il problema immancabilmente si ripresenta. Quindi al bocciato la bocciatura non serve a nulla. Ma parliamo ora dell'altra ipotesi. Non bocciarli, mandarli avanti. Il segnale per i compagni sarà devastante. Che senso avrà per loro questa situazione che – per dirla sempre con Vasco – un senso non ce l'ha? Se li ritroveranno in classe a settembre dopo aver assistito alla sequela di insufficienze e di incazzature dei professori, dopo averli visti atarassici, sedati, ai margini del sistema. Ci sono Paesi in cui – almeno formalmente – non si boccia, come la Gran Bretagna. Dove all'interno di ciascuna classe d'età ce ne sono tre di merito. Dove ad ogni trimestre si può andare avanti o restare indietro. Dove si è, nei fatti, in un ingranaggio in perpetuo movimento di bocciature e promozioni. Ma si resta comunque con i proprio coetanei. Mi viene un dubbio. E se fosse meglio così?
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